Questa pagina contiene informazioni utili per aiutarti a conoscere la malattia che ti è stata diagnosticata e ad affrontare i problemi riguardanti:

– le possibili terapie e i possibili effetti collaterali
– i controlli e le visite successive alla diagnosi e al trattamento
– aspetti della vita quotidiana
– cambiamenti nella vita di coppia

Ti ricordiamo che queste informazioni di carattere generale non possono in alcun modo sostituire quelle del medico e gli infermieri ti daranno personalmente, ma possono invece favorire il dialogo con loro.
Per comprendere meglio le spiegazioni scritte e quelle che ti verranno date dal personale sanitario durante il trattamento, abbiamo aggiunto un piccolo glossario delle parole che sentirà più spesso; potrai riconoscere tali termini perchè scritti in maniera diversa.
In tal modo comincerai a prendere più confidenza con questo linguaggio e riuscirai così a comunicare più facilmente con i medici che si occupano di te.
Informazioni sul tipo di neoplasia, sintomi, cause, sedi, accertamenti diagnostici e lo stadio sono reperibili da questa pagina (linfomi).

• Terapia dei linfomi
• Chemioterapia
• Effetti collaterali della chemioterapia
• Radioterapia
• Effetti collaterali della radioterapia
• Chemioterapia ad alte dosi e trapianto di midollo
• I fattori di crescita emopoietici
• Il port
• Alimentazione e chemioterapia
• Aspetti della vita quotidiana
• Cambiamenti nella vita sessuale
• Controlli successivi alle terapie

Terapia dei linfomi

I linfomi (Hodgkin e non Hodgkin) sono un gruppo di neoplasie altamente sensibili alle terapie attualmente disponibili.
Il trattamento varia a seconda del tipo istologico, dello stadio di linfoma e di alcuni fattori prognostici. Una parte di questi è correlata alla malattia: stadio clinico, grado di aggressività, sintomi sistemici; altri come età, coesistenza di altre malattie, livello di autonomia (la cosiddetta Performance Status) sono legati al paziente.
Le modalità di trattamento comprendono la chemioterapia, la radio terapia, gli anticorpi monoclonali e, in certi casi, il trapianto di midollo osseo.
Generalmente il programma di cura deriva dall’impiego combinato di due o più di tali modalità terapeutiche, che vengono erogate insieme o in sequenza per combinare e potenziare le azioni antineoplastiche dei diversi farmaci e delle diverse terapie. Poichè le cellule del linfoma circolano in tutto l’organismo, non è possibile curarli solamente rimuovendo chirurgicamente le masse tumorali per cui è sempre necessario ricorrere alla terapia farmacologica.

Chemioterapia

La chemioterapia (CT) è un trattamento farmacologico che interessa tutto l’organismo e che viene generalmente somministrato con iniezioni o flebo per via endovenosa, allo scopo di colpire la malattia in tutte le sue sedi, con vari meccanismi d’azione.
La somministrazione avviene in uno o più giorni ed è eseguita generalmente in regime di day hospital. ma a volte può richiedere un breve periodo di ricovero. I singoli farmaci possono essere impiegati da soli (monochemioterapia) o, più spesso, in associazione (polichemioterapia).
Gli schemi chemioterapici utilizzati nel trattamento dei linfomi possono essere di vario tipo, a seconda delle caratteristiche della malattia e dallo stato fisico della persona. Le sigle con le quali vengono identificati fanno riferimento ai farmaci utilizzati.
Si parla di cicli di chemioterapia perché la somministrazione dei farmaci è attuata in modo ciclico, cioè con cadenze particolari. Alla somministrazione fa seguito un periodo di riposo, o fase di recupero, della durata variabile da 1 a 4 settimane. Il numero dei cicli generalmente oscilla tra 4 e 8, a seconda dei casi, quindi il trattamento dura da un minimo di 4 mesi ad un massimo di 6.

Effetti collaterali della chemioterapia

Gli effetti collaterali della chemioterapia dipendono dal fatto che i farmaci agiscono non solo sulle cellule tumorali ma anche sui sistemi cellulari sani dell’organismo.
Gli effetti che si possono manifestare variano per tipo ed intensità, non solo in rapporto ai diversi schemi chemioterapici ma anche alla tollerabilità individuale.
In base al periodo in cui compaiono possiamo suddividerli in immediati e a medio termine.
Gli effetti immediati compaiono durante la chemioterapia o nei giorni subito successivi e sono rappresentati prevalentemente da nausea, vomito, dolori addominali e gastrici. Vengono proposti dei farmaci detti antiemetici estremamente efficaci nel prevenire o ridurre l’entità di tali disturbi. Se non si ha difficoltà a mangiare e a bere è sufficiente seguire la terapia antiemetica consigliata; il senso di nausea o il vomito si esauriranno in alcune ore. Se, viceversa, non si riesce a bere e quindi a reintegrare i liquidi persi, oppure se i sintomi non passano è necessario informare il medico.
Gli effetti collaterali a medio termine compaiono dopo alcune settimane dalla chemioterapia; i più frequenti sono:
1) Caduta temporanea dei capelli (alopecia): si verifica di solito entro il primo mese. È necessario sottolineare che non esistono rimedi farmacologici che possono evitare questo evento. Anche l’impiego di cuffie refrigerate non garantisce la salvaguardia dei capelli; qualora si desiderasse comunque di impiegarle, devono essere indossate durante la somministrazione della chemioterapia. La ricrescita dei capelli inizierà al termine della terapia. È possibile che i capelli abbiano inizialmente uno consistenza diversa, e. a volte, diverso colore, ma nel giro di alcuni mesi riprenderanno l’aspetto originario.
2) Irritazione delle mucose (mucosite) della bocca. dell’intestino e della vescica che può manifestarsi con infezioni e dolore del cavo orale, dolore addominale, diarrea, disturbi urinari. Può manifestarsi con semplice bruciore o vere ulcerazioni.
Nella bocca può esserci la complicazione di un’infezione da funghi (mughetto). Se è molto dolorosa è opportuno assumere un analgesico prima dei pasti. Se impedisce di mangiare o bere normalmente, è bene informare il medico. Per prevenire o attenuare la mucosite può essere utile rispettare un’attenta igiene orale (sciacqui con collutorio, lavaggio accurato de denti e delle gengive con spazzolini a setole morbide e dentifrici non irritanti) ed evitare cibi piccanti, salati o troppo caldi.
3) Diarrea: se le scariche sono molto intense e acquose è necessario reintegrare i liquidi perduti bevendo abbondantemente ed impiegando integratori salini. Se è presente febbre non esitare ad informare il medico.
4) Formicolii. riduzione della sensibilità alle mani e ai piedi. stitichezza: tali disturbi tendono a ridursi e quindi a scomparire con la sospensione della terapia.
5) Irritazione delle vene usate per la somministrazione della chemioterapia (flebiti chimiche) e rischio di lesioni dei tessuti del braccio da stravaso dei farmaci. Se le vene dovessero essere “difficili”, cioè difficilmente accessibili o di piccolo calibro, al fine di evitare i suddetti effetti collaterali, sarà consigliato l’utilizzo di un catetere venoso centrale, il cosiddetto “portacath” (vedi sotto al paragrafo Il port).
6) Riduzione del globuli rossi (anemia), globuli bianchi (leucopenia) e piastrine (piastrinopenia). Le cellule del sangue sono particolarmente vulnerabili all’azione della chemioterapia. L’effetto tossico della chemioterapia su queste particolari cellule si traduce in una riduzione del loro numero nel sangue circolante. A seconda dell’intensità del trattamento gli abbassamenti che si verificano sono di vario grado e durata. La leucopenia, soprattutto se prolungata nel tempo, può determinare un elevato rischio di infezioni. Nel caso in cui i globuli bianchi raggiungessero livelli molto bassi potranno essere somministrati dei formaci specifici, i cosiddetti fattori di crescita che agiscono direttamente su alcune cellule del midollo osseo promuovendo la rapida riproduzione di globuli bianchi o rossi. In questo modo è possibile limitare o addirittura evitare la leucopenia e l’anemia consentendo di limitare i rischi e di non ritardare la somministrazione delle terapie. I periodi di intervallo tra i cicli di chemioterapia sono necessari al recupero dei valori normali.
Gli effetti collaterali tardivi compaiono dopo alcuni mesi o anni dalla terapia. Gli organi che più spesso risentono di tali effetti collaterali sono il cuore, i polmoni e l’apparato riproduttivo.
Data la vulnerabilità dell’ovaio alla chemioterapia, con il conseguente rischio si sterilità, nella donna in età fertile verranno impiegate terapie ormonali capaci di bloccare l’attività dell’ovaio per il periodo della chemioterapia, evitandone il danno irreversibile.
Nell’uomo non è disponibile un’analoga protezione della funzione delle gonadi. Pertanto. prima di iniziare le cure, potrà essere consigliato di ricorrere al congelamento del seme in apposite banche.

Radioterapia

La radioterapia sfrutta l’azione tumoricida delle radiazioni emesse da apposite apparecchiature. Il fascio di radiazioni viene diretto e centrato su regioni corporee più o meno estese, a seconda delle necessità. Un ciclo di radioterapia dura, in genere, 3-4 settimane con 5 sedute settimanali della durato di pochi minuti.
Primo di avviare la RT è necessario delimitare con precisione la regione corporea da trattare escludendo invece le regioni non interessate dal linfoma al fine di non danneggiarle. A questo scopo il paziente deve sottoporsi ad un esame TAC definito di centraggio. La radioterapia riveste un ruolo importante, soprattutto nella cura di alcuni linfomi che si presentano in forma localizzata. La radioterapia, quando necessaria, fa seguito alla chemioterapia allo scopo di distruggere completamente la malattia dalle sedi interessate.
Quando il linfoma si presenta in più sedi, invece, il ruolo della radioterapia è limitato al trattamento di eventuali masse residue dopo la chemioterapia.

Effetti collaterali della radioterapia

Gli effetti collaterali della radioterapia sono correlati direttamente alle zone corporee sottoposte all’irradiazione. Così, nel trattamento delle stazioni del collo si possono verificare irritazione della bocca, dell’esofago e della trachea, con difficoltà all’alimentazione, secchezza della bocca, alterazione del gusto, tosse.
Durante l’irradiazione dei linfonodi addominali invece si può manifestare mucosite del canale intestinale con dolori e diarrea.
L’irradiazione della testa provoca sempre perdita irreversibile dei capelli, ma solo nella zona attraversata dai raggi.
La cute irradiata va incontro ad arrossamento (eritema) con eventuale desquamazione e successiva iperpigmentazione.
Come sintomi generali, infine, i disturbi più frequentemente riscontrati sono l’affaticabilità, la nausea, l’inappetenza.
Tra gli effetti collaterali della radioterapia, oltre alle tossicità cardiaca e polmonare già segnalate per la chemioterapia, deve essere riportata il rischio di tossicità sulla tiroide quando si irradiano sedi corporee ad essa vicine.

Chemioterapia ad alte dosi e trapianto di midollo

La chemioterapia ad alte dosi e il trapianto di midollo osseo (TMO) costituiscono una valida opportunità terapeutica per i pazienti che hanno avuto una ricaduta del linfoma dopo il trattamento iniziale.
La chemioterapia ad alte dosi consiste nel sottoporre il paziente, nei giorni immediatamente precedenti il trapianto, a dosi molto alte di chemioterapici ed eventualmente di radioterapia, con il fine di eradicare la malattia; tale trattamento comporta però anche la distruzione irreversibile del midollo osseo, che quindi deve essere ricostituito mediante l’infusione di cellule capaci di rigenerare completamente il midollo stesso. Queste cellule si chiamano “cellule staminali emopoietiche” e possono essere prelevate dallo stesso paziente (trapianto autologo) o da un donatore sano compatibile con il ricevente (trapianto allogenico). La raccolta delle cellule staminali periferiche viene detta aferesi.
Il TMO autologo è oggi una modalità di trattamento abbastanza sicura, ma che, per le elevate dosi di farmaci impiegate, può essere proposta a pazienti di età non superiore a 60/65 anni.
Il TMO allogenico, oltre all’effetto delle alte dosi di chemioterapia, sfrutta anche la capacità del midollo del donatore di combattere il linfoma con meccanismo immunologico.
Il trapianto allogenico non è esente da rischi; questi sono correlati non tanto al rigetto, quanto al suo fenomeno opposto, cioè la “malattia da trapianto contro l’ospite”. Essa consiste in un’ aggressione immunologica da parte del midollo trapiantato nei confronti dell’organismo ricevente. Considerati questi rischi e il fatto che essi aumentano con l’età, il TMO allogenico è riservato a pazienti selezionati, più giovani, e talvolta è effettuato anche dopo un trapianto autologo.
Entrambe le procedure trapiantologiche richiedono una fase di degenza di 3-4 settimane in camere protette o sterili al fine di prevenire l’insorgenza di infezioni nel periodo di ricostruzione del midollo osseo (aplasia midollare), durante il quale sono frequenti le trasfusioni di sangue e/o piastrine e la somministrazione di antibiotici.

I fattori di crescita emopoietici

I fattori di crescita sono farmaci in grado di stimolare direttamente alcuni progenitori delle cellule del sangue che si trovano nel midollo osseo, e di stimolarne la differenziazione e maturazione in granulociti neutrofili e globuli rossi. In questo modo è possibile limitare o addirittura evitare la diminuzione dei globuli bianchi (leucopenia) e dei globuli rossi (anemia) durante la chemioterapia. E’ così possibile ridurre il rischio di infezioni e somministrare i cicli di chemioterapia senza ritardi. I fattori di crescita emopoietici si somministrano come punture sottocutanee, sono generalmente ben tollerati e solo in alcuni casi possono dare dolori ossei e muscolari; questi ultimi, in caso di necessità, sono controllati con la somministrazione di blandi antidolorifici. Sia il fattore di crescita dei globuli bianchi (il cosiddetto G-CSF) che quello dei globuli rossi (eritropoietina) sono attualmente disponibili in preparazioni a lunga durata d’azione (G-CSF peghilato e Darboepoietina), il cui vantaggio consiste nella azione prolungata nel tempo di ogni singola somministrazione, con la comodità per il paziente di eseguire una sola puntura ogni 2-3 settimane.

Il port

Il port è un dispositivo impiantabile usato per infondere farmaci direttamente nel circolo sanguigno (fig.2). Tale dispositivo è costituito da 2 elementi:
1) la camera: un piccolo serbatoio di circa 3 cm con una membrana di gomma autosigillante in cui s’inserisce l’ago;
2) il catetere venoso centrale: è un tubicino flessibile che dal port permette di infondere i farmaci in una grossa vena.
Esso viene impiantato sottocute generalmente nella parte alta del torace e, una volta sistemato, è visibile solo una piccola area rilevata. Inoltre la sua presenza non comporta alcun limite a qualsiasi tipo di attività. L’impianto richiede un piccolo intervento chirurgico in anestesia locale. E’ possibile che nelle prime 24-48 ore dopo l’intervento compaiano rossore, gonfiore e dolore lievi nella zona attorno all’incisione.
Il port può essere mantenuto anche per anni, necessitando di una medicazione periodica ogni 3 settimane nei periodi in cui non viene usato per l’infusione delle terapie. Per comprendere i vantaggi del port, bisogna sapere che, in sua assenza, la chemioterapia deve essere somministrata attraverso le vene del braccio; queste ultime tendono a irritarsi al contatto con i farmaci antineoplastici (flebiti chimiche) dando dolore e soprattutto chiudendosi e diventando inutilizzabili. Ancor più grave è il rischio di rottura delle vene del braccio, con stravaso e danno dei tessuti da parte dei farmaci fuoriusciti. La consapevolezza di poter evitare questi rischi può facilitare l’accettazione a sottoporsi al piccolo intervento necessario all’impianto del port.

Alimentazione e chemioterapia

Contrariamente a quanto si può pensare, durante la chemioterapia non ci si deve sottoporre a grandissime restrizioni dal punto di vista alimentare. Indubbiamente vi potranno essere delle difficoltà ad alimentarsi normalmente, in caso di nausea o vomito, nel giorno della somministrazione della terapia e anche uno o due giorni dopo. Per tali disturbi sono comunque oggi disponibili farmaci antinausea molto efficaci. Negli altri giorni è possibile alimentarsi liberamente, ma senza abusi, seguendo una dieta leggera. Vanno esclusi cibi molto grassi, i condimenti pesanti e possibilmente gli alcolici. Se vi saranno momenti particolari, durante il periodo di cura, che richiederanno delle norme dietetiche specifiche, sarà il medico a comunicarlo. Vanno pertanto evitate modificazioni autonome del proprio regime alimentare in base alle “voci di corridoio” che spesso circolano nelle sale di attesa. In tali ambienti, infatti, sono accomunate persone con malattie diverse e quindi anche con necessità dietetiche diversificate.

Aspetti della vita quotidiana

Dal momento in cui è comunicata una diagnosi di linfoma e da quando iniziano le terapie, è possibile assistere ad una serie di cambiamenti che non riguardano solo il proprio fisico. Più generalmente è la vita quotidiana che può essere modificata.
Durante il periodo delle cure la vita di relazione nella coppia, nella famiglia o con gli amici potrebbe risentire di un senso di tensione emotiva reattiva alla malattia.
La spossatezza, l’assenza di stimoli ad andare avanti, il cambiamento della propria immagine corporea sono tutti aspetti complessi che contribuiscono a far sentire il paziente non al 100% della forma. Sia i motivi psicologici ed emotivi che i problemi fisici sono, in ogni caso, temporanei. Ogni persona reagisce in modo diverso e anche il tempo necessario a rientrare nella normalità sarà diverso. All’occorrenza può essere richiesto un sostegno psicologico.
E’ utile, in ogni modo, ricordare che durante la chemioterapia è possibile vivere normalmente, mantenendo le proprie attività. In caso di necessità sarà il medico a consigliare eventuali cambiamenti da adottare.

Cambiamenti nella vita sessuale

Come già detto nel paragrafo precedente, durante il periodo delle cure la vita di relazione, nei sui diversi aspetti, può risentire di un senso generale di mancanza di energia.
Nella coppia, in particolare, la relazione affettiva con il proprio compagno/a può presentare difficoltà anche di carattere sessuale. Anche se è possibile vivere normalmente la propria sessualità, è possibile che si presenti un calo del desiderio e dell’eccitazione.
È bene sapere che questi disturbi sono normali quando si è sottoposti a trattamenti chemioterapici e sono legati sia alle preoccupazioni per la malattia, per la terapia e per la propria sopravvivenza, sia agli effetti collaterali dei farmaci e alla stanchezza che ne consegue. Anche questi problemi, se presenti, sono temporanei.
E’ importante ricordare che durante il periodo delle cure è necessario, in caso di rapporti sessuali, ricorrere ad adeguati metodi anticoncezionali, preferibilmente di barriera (preservativo o membrana). I metodi fisici come lo spirale possono risultare infatti, irritativi e l’effetto anticoncezionale della pillola può essere modificato dai chemioterapici o dagli altri farmaci prescritti. Questa cautela è raccomandata perché i trattamenti farmacologici possono provocare danni all’apparato riproduttivo che possono determinare gravi conseguenze sul prodotto del concepimento.
Abbiamo infine già accennato alla possibilità di ricorrere al congelamento del liquido seminale o degli ovociti per cautelarsi dal rischio di infertilità. Affrontare la malattia e i trattamenti può essere molto difficile, così come può risultare difficile anche il ritorno alla normalità. In caso di necessità, oltre quello dell’ematologo, può essere utile l’aiuto dello psicologo o del sessuologo.

Controlli successivi alle terapie

Durante le terapie è necessario eseguire controlli strumentali (TAC o TAC/PET) per valutare la risposta del linfoma al trattamento. Se quest’ultima è giudicata soddisfacente si procederà al completamento del programma terapeutico; in caso contrario sarà necessario avviare una terapia alternativa detta di 2a linea o di salvataggio.
Un ulteriore controllo sarà eseguito al termine delle cure valutando la risposta finale al trattamento. La completa scomparsa della malattia è definita Remissione Completa (RC).
Tutti i pazienti curati per linfoma devono eseguire controlli periodici clinici e strumentali c/o una struttura specializzata.
Tali controlli consistono in:
Visita medica
Esami emato-chimici
Eventuali esami strumentali (TAC, TAC/PET, PET …)
I controlli periodici hanno il duplice scopo di diagnosticare precocemente l’eventuale ricomparsa del linfoma (recidiva) e le eventuali complicanze legate ai trattamenti eseguiti.

Cosa vuol dire
Piccolo glossario dei termini usati più spesso.